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‘E ZÉZI
GRUPPO OPERAIO

Nel 1974 intorno a un gruppo di lavoratori dell’Alfasud di Pomigliano d’Arco nasce un collettivo musicale e teatrale per cantare le lotte della fabbrica sui ritmi delle tarantelle e delle “tammurriate”. E’ l’inizio del Gruppo Operaio E ZEZI, la piu’ straordinaria esperienza di fusione tra musica popolare e canzone politica mai avvenuta in Italia.

Si contano in cinquant’anni le avventure militanti, le tammurriate e le parate civili, i concerti e i recital del Gruppo Operaio ‘E Zézi. Nel 2024 si celebra il 50esimo anniversario artistico della formazione originaria di Pomigliano d’Arco e l’intenzione è moltiplicare il verbo di resistenza, satira, ricerca antagonista e riscatto dell’ensemble guidato da Angelo De Falco: un nuovo disco, un docufilm, un live speciale per un tour celebrativo. Un’esperienza irripetibile – quella della banda vesuviana – che diventa quanto mai attuale considerando le dinamiche di produzione moderne, a ogni livello: sempre più polverizzate, sempre più spersonalizzanti, innocue, alienanti e ripetitive. Quasi un destino punitivo, di malasorte o malasciorta, cui ribellarsi. La biografia creativa del Gruppo Operazio ‘E Zézi è manifesto di poetica e rigore etico, sapienza estetica e canzoni politiche dissidenti che dal 1974 hanno educato con spirito trasversale decine di generazioni. I suoi inni hanno dato senso, coscienza e resurrezione agli operai delle fabbriche meridionali (Alfasud) e non solo. Hanno illuminato il destino di disoccupati e precari del lavoro (quando non di morti bianche). Hanno reso radiosi alcuni episodi cinematografici di ieri e di oggi: da “La canzone di Zeza” (1976) per la regia di Salvatore Piscicelli a “Viento ‘e terra” (1996) diretto da Antonietta De Lillo. Dalla serie televisiva americana “I Soprano” – con l’immortale battito del “Vesuvio” – a quella di matrice italiana diretta da Edoardo De Angelis per la piattaforma di streaming Netflix ne “La vita bugiarda degli adulti”, a cui hanno partecipato cantando “Fischia il vento”, motto della Liberazione partigiana.

Da sempre, il Gruppo Operaio ‘E Zézi incarna l’identità dell’entroterra, simulacro dell’antropologia più radicale ed essenziale, perché “per combattere l’uniformità del pensiero, la musica è uno strumento sempre valido”, dicendola con le loro parole. Lungimirante nella gestione e nella trasfigurazione della cultura popolare, operaia e contadina, icona delle forme espressive del proletariato, genesi dell’emancipazione delle classi subalterne, i Zézi scelgono il verbo della tradizione orale misto alle tammurriate, alle tarantelle alle fronne rituali per comporre un linguaggio irriverente e ironico che lo rende tutt’ora un faro esemplare delle rinascite dal basso. La loro musica e la loro capacità teatrale hanno dato dignità alle minoranze e alle fasce più marginali della cittadinanza. Hanno anticipato nei costumi, grazie agli estrosi, drammatici e stravaganti travestimenti, le esigenze democratiche di milioni di persone che oggi rivendicano parità nei diritti di genere e parità nel potere economico. Hanno restituito al fare politico quotidiano l’innocenza, ossigenando la percezione del reale e rifuggendo il senso di ambiguità, esportando fino ai festival internazionali le priorità civiche prima relegate in un parziale ambito territoriale. Tutto ciò avendo come meta un contenuto musicale originale, luminoso, emozionale e spirituale.

Nel 2024 l’officina ‘E Zézi pubblicherà un nuovo album, sarà protagonista di un docufilm e girerà l’Europa in tour per celebrare i suoi primi 50 anni.

Nel rimescolamento dei linguaggi e nella babele della musica, la loro coerenza resta un caposaldo: come gli antichi guaritori (un po’ medici, un po’ illusionisti) il loro ritmo comunica direttamente con il sangue, i nervi, il midollo dello spettatore. Impossibile non reagire alle loro canzoni, non battere il piede alle loro tammurriate, non cercare il movimento liberatorio verso una qualche, laica, “guarigione” … Ti commuovono fino allo strazio, ti imbelviscono con la loro rabbia. Hanno una carica talmente forte che sembrano venire da prima della storia. Invece ci sono dentro e non ne vogliono uscire, non si pentono, e sono capaci di farti divertire anche delle disgrazie, tue e loro. Hanno resistito all’eruzione del degrado napoletano, e continuano a pulsare, sotto quella lava, col ritmo greve e acuto dei loro strampalati strumenti.

Sono un gruppo musicale, ma anche un’entita’ politica, un agglomerato etnico. In guerra col mondo e col suo marciume. E per fortuna impediscono, a chiunque li ascolti, di non schierarsi con loro. Come per un’antico sortilegio pagano.” Gianfranco Capitta

© Ezezi 2024